Palermo, doppia emergenza: il COVID-19 ha messo l’accento su situazioni di grande povertà. Il comune reagisce con piani di aiuto alimentare e solidarietà.
C’è chi fa la fila al supermercato. C’è chi quella fila non può permettersi di farla. A causa della difficile situazione dovuta al COVID-19, tutto si è fermato o quasi: molte attività commerciali al momento sono chiuse, e questo procura grossi problemi alla gente, che non può più lavorare a causa della chiusura dei negozi, dei bar, dei ristoranti e di molte altre attività. Quindi chi resta a casa e non ha un lavoro sicuro, resta senza niente sul piatto. Soprattutto in una città dove è ancora troppo elevato il numero dei lavoratori in nero. Gente che con il lockdown ha perso il lavoro da un giorno all’altro; lavoro sommerso, appunto, come badante, come parcheggiatore, cameriere, giusto per citarne alcuni.
Il problema vero risiede dunque nel lavoro nero, in particolare in una città come Palermo, dove l’illegalità rappresenta quasi la normalità. Questo ha comportato un aumento del tasso di povertà, che si è aggravato in questo periodo d’emergenza. La conseguenza è che con ogni probabilità, se non grazie alla solidarietà dei cittadini o delle associazioni di volontariato, queste persone non riceveranno neppure gli aiuti da parte dell’amministrazione per mancanza dei requisiti. Gente che non ha alcuna tutela. Gente, quindi, che non ha diritto a mangiare?
Vucciria, Ballarò e Capo insieme contro il Coronavirus e per aiutare le famiglie in difficoltà economica a fare la spesa. Nasce così l’ “abbanniata” solidale, dal tipico grido che si usa nei mercati per pubblicizzare la merce venduta tra i banchi alimentari allestiti lungo la strada e nelle piazze dei mercati storici di Palermo. È qui che in tempi normali i cittadini fanno la spesa tra profumi, colori e sapori. È qui che, soprattutto a causa della grande distribuzione, si registra un calo delle vendite. Ma è da qui anche che parte un gesto solidale che dà un respiro alle famiglie indigenti del centro storico.
Sentiremo l’ “abbanniata” dello sfincionaro e potremo gustare lo sfincione all’aria aperta, quando tutto, finito il periodo di quarantena dovuto al Coronavirus, tornerà alla normalità. Così sentiremo di nuovo il suo canto che lo procede per le strade della città: è l’ “abbanniata” dello sfincionaro che con la sua ape gira per i quartieri di Palermo per vendere lo sfincione, una delizia simile alla pizza e soffice come una focaccia. È composto da ingredienti poveri e pasta lievitata, condito con pomodoro, cipolla, caciocavallo e origano. Ma com’è nato lo sfincione? Pare che, stando ad alcune ricostruzioni, lo sfincione sia nato a Palermo, all’interno del monastero di San Vito tra piazza Verdi (dove oggi c’è la caserma dei carabinieri) e il mercato del Capo. Ad inventarlo un giorno ci hanno pensato appunto le suore, che volevano creare un piatto tipico per le festività, in particolare per il Natale. Il nome deriverebbe – secondo alcuni – da un misto tra latino, greco e arabo. Ciò a testimonianza delle tante dominazioni e culture che hanno “accarezzato”, dominandola, l’Isola. Così sembrerebbe derivare dal latino spongia, dal greco spòngos, il cui significato è spugna, e dall’arabo isfanǧ, che indica una frittella dalla pasta soffice con il miele sopra. Altri invece lo attribuiscono al dialetto sfincia, che significa soffice.
25 anni dopo, inchieste, depistaggi e richiesta di archiviazione: il caso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin due iniziative a Roma per dire #NoiNonArchiviamo. E un contributo arriva anche da Palermo con un libro
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin | Le iniziative a Roma il 19 e 20 settembre – meteoweek.com
Due iniziative si svolgeranno a Roma nei giorni: giovedì 19 e venerdì 20 settembre per dire #NoiNonArchiviamo il caso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Giovedì 19 settembre, alle 12, nella sede della Fondazione Paolo Murialdi si terrà una conferenza stampa per annunciare l’istituzione di un fondo speciale che raccoglierà tutto l’archivio di Ilaria Alpi. Mentre venerdì 20 la Fnsi, l’Usigrai, il Comitato di redazione del Tg3, Articolo 21, Libera Informazione e associazione Amici di Roberto Morrione promuoveranno un presidio davanti al tribunale di Roma in concomitanza con la nuova udienza sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Roma.
Chi erano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin | Le iniziative a Roma il 19 e 20 settembre – meteoweek.com
Ilaria Alpi era nata a Roma il 24 maggio del 1961. Dopo aver conseguito la maturità classica, aveva studiato lingue e aveva un’ottima conoscenza della lingua araba. Nel 1990 aveva vinto il concorso in Rai, ma prima dal Cairo aveva collaborato con Paese Sera, con L’Unità e altre testate. Miran Hrovatin era nato a Trieste l’11 settembre 1949: fotografo e operatore di ripresa assassinato a Mogadiscio il 20 marzo 1994 in Somalia, insieme alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi.
L’ultimo viaggio di Ilaria e Miran
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin | Le iniziative a Roma il 19 e 20 settembre – meteoweek.com
Marzo 1994: era per Ilaria Alpi il suo settimo viaggio in Somalia. Insieme a lei c’era l’operatore Miran Hrovatin di Trieste. È stato il loro ultimo viaggio in Somalia. In quelle strade di Mogadiscio si perde il senso di verità e giustizia. Quella che per tanti anni è stata la battaglia di Luciana e Giorgio Alpi, che oggi non ci sono più. Due persone che con compostezza, nonostante il dolore per la morte della propria unica figlia, si sono battuti con e contro la giustizia nella speranza di arrivare a dare un nome e un volto agli assassini della loro Ilaria.
A Bosaso, in Somalia, Ilaria “stava facendo un’inchiesta sulla tangentopoli somala legata alla tangentopoli italiana”, così come risulta dalla testimonianza di una fonte confidenziale del Sisde di cui non è stata rivelata l’identità nel 2002 durante il processo di Appello bis contro Hashi Omar Hassan da parte del capo del Sisde Mori che, chiamato a testimoniare tra gli altri, dichiara la fonte attendibile ma ancora in attività, specificando che la fonte dei servizi è diversa da quella della Digos di Udine: anche in questo caso l’allora dirigente, la dottoressa Motta non svela l’identità della sua fonte appellandosi all’articolo 203 del codice di procedura penale. Entrambe le fonti concordano sul movente: l’indagine che Ilaria stava conducendo sui traffici illeciti. Ma come è stato riferito dall’ex Sisde in questi giorni la fonte confidenziale è irreperibile. Notizia che è stata riportata nella richiesta di archiviazione avanzata dal pm e in attesa di valutazione del Gip.
36 anni fa l’omicidio del magistrato: intervista all’autista Giovanni Paparcuri
Il magistrato Rocco Chinnici arriva a Palermo quando si era consumata la prima guerra di mafia: l’omicidio di un boss locale (1966) e la strage di viale Lazio (1969): uomini vestiti con uniformi di polizia (appartenenti a differenti famiglie mafiose) si intrufolano negli uffici del costruttore Girolamo Moncada, che si trovano in viale Lazio e che sono il covo del boss Michele Cavataio, soprannominato il Cobra, capo della famiglia dell’Acquasanta e reputato colpevole di aver dato il via alla prima guerra di mafia.
I primi processi di mafia istruiti dal giudice Chinnici saranno quello per l’omicidio del boss locale Francesco Mazzara e la strage di viale Lazio. Da qui a partire dal 1970 si occuperà del fenomeno mafioso, degli intrecci tra “uomini d’onore” e politici e imprenditori.
La casa editrice Informazione libera presenta i suoi libri
Sarà inaugurato venerdì 2 agosto alle 18 l’evento “Terrasini in love” organizzato da Whats’Art e patrocinato dal comune di Terrasini. Tre giorni all’insegna della cultura.
Tanti gli eventi in programma: dalla recitazione alle mostre alla presentazione di libri.
Ecco il programma:
Venerdì 2 Agosto 2019 Vernissage
18:00 Inaugurazione con interpretazione del V canto della Divina Commedia a cura dell’attrice
“Gabriella Pillitteri”
–taglio del nastro con il Sindaco “Giuseppe Maniaci” e l’assessore “Vincenzo Cusimano”
-Presentazione progetto “Terrasini in love” a cura di whats’Art group con lo storico d’arte “Davide
Valdesi”
Artisti Adriana Bellanca, Alessandra Scarpisi, Angela Sarzana, Annita Borino, Barbara Bruca,
Carmen Frisina, Cinzia Romano, Clotilde Alizzi, Daniela Marcianò, Daniela Pisciotta,
Davide Mancuso, Davide Valdesi, Mariano Di Cristina, Nicoletta Militello, Noemi Gulizzi,
Pietro Sanfilippo, Rosario Cali’, Salvatore Neve, Tommaso Salemi, Tony Polizzi.
18:30 Concerto musicale a cura della maestra Pia Tramontana – coro di voci bianche Teatro dei
ragazzi.
19:30 presentazione del libro “Casi scottanti e birre gelate” di Marina Caserta edizione
“Informazione libera” – seguirà la presentazione del libro inchiesta “Ciao, IBTISAM! Il caso Ilaria Alpi” di Serena Marotta e del suo romanzo “I sensi. Uomini di un certo tipo”.
Conservo nella mia libreria uno dei tanti romanzi di Andrea Camilleri. Oggi stringerlo tra le mani e sfogliarlo, mi dà una sensazione di un’eco lontana: il maestro siciliano non c’è più.
Ci ha lasciati stamattina. È morto a Roma all’età di 93 anni.
Era il 1994 quando consegnò a Sellerio il suo primo romanzo “La Forma dell’Acqua” della serie di indagini del commissario Montalbano. Da quel giorno ne ha pubblicati trenta.
Poi la vista lo ha abbandonato e grazie alla sua fedele assistente Valentina Alferj, continuava a dare vita ai suoi personaggi. Eppure da quando era diventato cieco i suoi sogni erano tutti a colori, come se gridassero, come se il sogno gli regalasse la ricompensa per il buio a cui era costretto nella realtà. Pensava in siciliano ed è stata questa la chiave del suo successo.
L’uomo è riuscito ad allontanarsi ed è rimasto illeso, mentre il suo camper bruciava. È accaduto ieri di pomeriggio al porticciolo di Sant’Erasmo, a Palermo. Mohamed, israeliano, che dal ’79 vive a Palermo, dopo aver viaggiato tra Francia e Italia.
Mohamed regala i suoi versi e con gli occhi luccicanti e voce timida racconta che “ogni giorno vede l’alba”: “ A-mare” si intitola la poesia che porge alla sua interlocutrice con tanto di foto del mare che ama.
“Alle 5 del mattino sempre vado là – scrive – dopo lunghe camminate mi metto in quell’angolo e vedo il mondo insieme: quando il sole sorge con i suoi raggi che riflettono sul mare e arrivano sulla terra e tutti dicono le loro cose con la parola pace”.
5 gennaio 1984: venne ucciso a Catania il giornalista e scrittore Giuseppe Fava. Fava era autore d’inchieste, romanzi e opere teatrali. Aveva fondato il mensile “I Siciliani” e aveva diretto il quotidiano “Giornale del Sud”.
È stato il primo a denunziare la presenza della mafia a Catania e i collegamenti tra questa e imprenditori e politici. Era nato il 15 settembre del 1925 a Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. I suoi genitori erano maestri di scuola elementare. Lui scelse di studiare Giurisprudenza a Catania, dove si era trasferito nel 1943. Poi diventò giornalista professionista, collaborando con diverse testate, locali e nazionali.
È nel 1956 che venne assunto da “L’Espresso sera” e nominato caporedattore.
Una tesi, una lettera e poi un libro. Dalla mia tesi sono passati dieci anni. Era maggio del 2008, quando nella cassetta della posta ho trovato la vostra lettera. L’emozione era quanto la vostra stima e gratitudine per il mio lavoro su vostra figlia, Ilaria Alpi, l’inviata del Tg3 uccisa a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo 1994, insieme all’operatore Miran Hrovatin.
Una lettera che conteneva il vostro abbraccio e la speranza di incontrarci un giorno a Roma. Quel giorno, purtroppo, cara Luciana e Giorgio non è mai arrivato. Il tempo ha remato contro. E io non sono partita da Palermo per Roma. Il desiderio di incontrarvi è rimasto uguale, come l’affetto reciproco.
Lunghe conversazioni telefoniche con Luciana Alpi, dopo l’invio del mio libro sul caso di sua figlia Ilaria. Era come se la conoscessi da sempre. La vita è beffarda: ti fa entrare in quella degli altri, ti nutre di affetti e poi te li toglie. Così un giorno, all’improvviso. Durante le nostre conversazioni, non ho mai osato chiederle nulla. Tutto tra noi era spontaneo. Non ho mai voluto essere invadente, ma forse lo sono adesso, mentre scrivo queste parole.
Luciana Alpi, biografia di una donna coraggiosa
Luciana Alpi aveva 84 anni. Era nata a Brescia il 3 agosto del 1933 e viveva con la sua famiglia a Roma. Era una signora elegante nell’animo e nell’aspetto. Una persona pura e sensibile. Si preoccupava delle persone, di chiedere «come stai?». Una donna forte e coraggiosa, proprio come lo era sua figlia Ilaria. Una donna che ha continuato la sua battaglia sino alla fine per avere verità e giustizia. Adesso non c’è più. È morta martedì 12 giugno alle 20.30, a distanza di cinque giorni dall’udienza sulla richiesta di archiviazione.