Dialetto o lingua? Komu vulissi skriviri n'sicilianu…

“Come vorrei scrivere in siciliano”

Quello che più di ogni altra cosa caratterizza ed identifica un popolo, oltre alle tradizioni, gli usi e i costumi, è il proprio modo di comunicare e relazionarsi. In altre parole la propria lingua. Per questo motivo, un popolo può reputarsi vivo sino a quando il proprio idioma viene parlato.

Anche quando ci si trova lontano dalla Sicilia, la lingua siciliana non perde (per fortuna, ndr)il suo uso. Così l’idioma natio mantiene vivo il legame con la madrepatria. C’è nel popolo siciliano la consapevolezza di essere orgogliosi testimoni di una cultura millenaria.

Il siciliano ha propri suoni, ben identificabili, come: tr, str, gn, sk-sch, ch, sg-sgh, dd, ng,zz, neg… è una lingua che è riuscita a graficizzarli con segni particolari.

continua a leggere QUI

Giovanni Falcone: strage di Capaci e lotta alla mafia 26 anni dopo

da Palermo

«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno». Lo diceva il giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia un sabato pomeriggio di 26 anni fa sull’autostrada – allo svincolo di Capaci – con 400 kg di tritolo. Con lui, quel sabato pomeriggio, c’erano la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillio.

Breve biografia di Giovanni Falcone

Falcone era il magistrato simbolo della lotta alla mafia. Facciamo un passo indietro. Nel quartiere arabo della Kalsa di Palermo, dove il piccolo Giovanni era cresciuto, esistevano per lui la scuola, l’Azione cattolica e pochi divertimenti. Il padre era un uomo austero: per lui non esistevano viaggi e villeggiatura. Anche la madre era, come diceva il giudice, «una donna energica e autoritaria».

«Con i 7 e gli 8 la mia pagella veniva considerata brutta», raccontava il magistrato. Aveva frequentato il liceo classico. Poi l’Accademia militare di Livorno, quindi – dopo averci ripensato – si iscrisse a Giurisprudenza. Si laureò a pieni voti.

Poi la carriera: iniziò come pretore a Lentini (Siracusa), poi a Trapani, dove rimase per 12 anni. Seguì il trasferimento a Palermo, dove si occupò del processo al costruttore edile Rosario Spatola, accusato di associazione mafiosa. Falcone accompagnò l’istruttoria con indagini bancarie e societarie, utilizzando un metodo d’indagine innovativo. Di Cosa Nostra diceva:

«La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine».

Strage di Capaci: cosa è successo il 23 maggio 1992

continua a leggere QUI

Mostre, Palermo: “Dal reale al virtuale, andata e ritorno” Fatti un selfie coi selfie di Giampaolo De Filippi

Tre autoscatti, o meglio: tre selfie. Sono le opere pittoriche en plein air che dal 15 al 30 maggio saranno esposte sulla facciata di Palazzo Bonocore e visibili quindi 24 ore su 24. Si tratta dell’esposizione dal titolo “Dal reale al virtuale, andata e ritorno” dell’artista leccese Giampaolo De Filippi, docente di pittura all’Accademia di Belle Arti di Palermo. La mostra di De Filippi fa parte del progetto “Ballarò tra storia, cultura, tradizioni e linguaggi di strada”, promosso dall’associazione Officina Ballarò, inserito nell’elenco dei grandi eventi di Palermo Capitale della Cultura 2018, con la collaborazione di iWorld e Radio Off.

Il Palazzo Bonocore ospiterà sulla facciata le tele in acrilico, di centimetri 155 x 335 ciascuna, poste a ridosso delle persiane del primo piano dell’edificio del XVI secolo, che si affaccia sul cortile del Palazzo delle Aquile sulla storica fontana Pretoria, detta della Vergogna, realizzata dallo scultore fiorentino Francesco Camilliani fra il 1552 e il 1555, e la chiesa Santa Caterina del 1566-1596.

Agli occhi dello spettatore si aprirà un affascinate gioco di atmosfere dovute da una parte allo spettacolo di questi gioielli monumentali che offre la città, dall’altra al pensiero sofisticato dell’artista che punta al mondo dei Social, e che quindi ci riporta al momento attuale, contemporaneo attraverso le sue tele, che rappresentano agli occhi di chi vi assiste, a quella che ormai è diventata una routine del mondo virtuale che vede protagonista la gente comune e non solo, cioè la smania di mostrarsi attraverso i selfie pubblicati sui vari social.

continua a leggere QUI

Immagini on, la rubrica di fotografia: gli scatti di Charley Fazio

«La fotografia è anche un insieme di elementi fortunosi e fortunati. Se ami la Fotografia essa ti ricompenserà. Sempre.».

È questo il punto di vista di Charley Fazio, palermitano, fotografo, geologo, che ha vissuto la sua infanzia a Galati Mamertino, in provincia di Messina. «L’amore per la mia terra e per l’arte mi hanno accompagnato fin dall’adolescenza e poi gradualmente mi sono addentrato sempre più nel mondo della fotografia».

continua a leggere su Radio Off

L’italiana, Laurette in turbante bianco, Le tre sorelle: opere di Matisse

In questo articolo andiamo ad analizzare e raccontare brevemente la storia di tre opere di Matisse: L’italiana, Laurette in turbante bianco e Le tre sorelle. Ciò che accomuna questi quadri sono le origini ciociare delle modelle utilizzate per realizzarli. Henri Matisse non poteva fare a meno di contemplare davanti sé in posa un corpo di un modello, maschio o femmina.

Erano infatti per l’artista motivo di ispirazione. Così sono nate diverse opere di Matisse che prendevano come spunto proprio i modelli: Cesidio Pignatelli che lui chiamava Bevilacqua, Carmela Caira, poi con Rosa Arpino, tutti originari di Gallinaro, paesetto che si trova su un cucuzzolo al centro della Valcomino. Tuttavia la modella ciociara che più è stata accanto a Matisse e che più di tutte ha significato nella sua storia artistica e anche personale, fu la sorella della summenzionata Rosa Arpino, Loreta Arpino, che l’artista chiamava Lorette e anche Laurette, come testimoniano la maggior parte delle almeno cinquanta opere che Matisse realizzò ispirandosi a lei.

continua a leggere QUI

Aggressioni ai medici: ecco cosa succede negli ospedali italiani

Da Roma a Palermo, si registrano ormai in quasi tutta Italia casi di violenza contro gli operatori sanitari da parte di familiari o pazienti. Camici bianchi, medici e infermieri sono troppo spesso vittime di aggressioni fisiche o verbali. Un fenomeno in continuo aumento, come dimostra un’indagine realizzata da NurSind, il sindacato delle professioni infermieristiche.

Ogni anno, infatti, sono 3 mila le aggressioni che si verificano nel nostro Paese contro medici e personale sanitario. Lo dice la Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), precisando che gli ultimi episodi sono avvenuti a Napoli, Roma e nel Barese e all’Inail sono stati denunciati 1.200 casi.

Episodi di violenza contro i medici di Palermo

Nella notte tra venerdì 6 e sabato 7 aprile, a Palermo, all’ospedale pediatrico Di Cristina, un padre disperato per la perdita del figlio, nato prematuramente e con una grave forma di tumore, ha sfogato il suo dolore dando due pugni in faccia a un medico, prendendo per il collo il primario, graffiando al volto una dottoressa e accanendosi infine su un dottore che era seduto, che è finito al pronto soccorso dell’ospedale Civico con un trauma cranico.

continua a leggere qui